Una delle domande che ricevo più spesso dalle persone che hanno vissuto una perdita importante riguarda la durata del lutto. Quanto tempo impiegherò per non provare più sofferenza? In che momento smetterò di pensare a chi/cosa non c’è più? Quando cesserà l’invidia verso chi non ha subito la mia stessa perdita? Tornerò a vivere momenti di gioia?
Ebbene, non esiste una vera risposta per questa domanda. Infatti, sebbene siano noti i principali meccanismi della elaborazione del lutto, questa esperienza è troppo personale per poter dare un’indicazione univoca.
Potremmo dire che, in generale, un processo di elaborazione del lutto si risolve in un periodo che va dai sei ai dodici mesi. Trascorso questo tempo, se la persona non riesce ad uscire dalla malinconia provocata dalla perdita, può essere utile indagare cosa non stia funzionando.
Il lutto è uno stress
La perdita di una persona o di una parte della nostra identità (es. lavoro, ruoli che ricopriamo) costituisce un momento di forte stress emotivo e personale.
Nella scala degli eventi stressanti messa a punto negli anni ’60 da Holmes e Rahe (che, benché datata, conserva a tutt’oggi una sua validità) sul podio dei momenti di vita critici capeggia proprio la morte del coniuge. Seguono a stretto giro divorzio, separazione, carcerazione e morte di familiari stretti. È chiaro, dunque, quanto un evento di questo genere possa impattare sull’equilibrio complessivo della persona.
Non ci si può, dunque, aspettare di superare una perdita senza una conseguente fase di coinvolgimento emotivo con l’accaduto, comprensione, accettazione, ri-adattamento. Questa fase avrà una durata coerente con l’importanza di ciò che abbiamo perduto.
Cosa significa uscire dal lutto
Uscire dal lutto significa rientrare in uno stato di umore non più connotato da tristezza, malinconia e rabbia come emozioni prevalenti, ma capace di esplorare un ventaglio di sentimenti più ampio. Ritrovare momenti di gioia, o quanto meno di serenità. Avere un pensiero libero, che spazia sui diversi ambiti di vita, e non una fissazione sulla perdita subita. Riprendere possesso del proprio tempo, riuscire a dedicarsi con concentrazione allo studio o al lavoro, cercare attivamente possibilità di svago.
Non ci si deve aspettare che la conclusione del lutto sia lo smettere di commuoversi pensando all’accaduto. Specialmente nel caso delle perdite familiari e personali più importanti, è normale che, anche a distanza di tempo, rimangano momenti di commozione e pianto.
Cosa blocca l’elaborazione del lutto
Ci sono situazioni di lutto particolarmente difficili da elaborare, da cui le persone hanno difficoltà a distaccarsi in assenza di un supporto professionale (psicoterapia).
Ad esempio, quelli che conseguono a situazioni traumatiche. Si può trattare di emergenze, ovvero di eventi eccezionali (es. disastri ambientali, guerre, atti terroristici, rapine, ecc.) ma anche di situazioni più comuni, non attese (es. malattie fulminanti, incidenti stradali).
In questi casi l’assenza di uno scarto fra il prima e il dopo e, magari, il coinvolgimento personale in un evento più ampio (nel caso delle emergenze), può determinare un carico emotivo più difficile da gestire autonomamente, e indurre una sorta di “blocco”.
Sempre nel caso della perdita di familiari, alcune condizioni come l’impossibilità di dare un ultimo saluto o la presenza di sentimenti contrastanti verso il defunto (come affetto e bisogno di distanza, amore e paura di essere feriti) può rendere più tortuoso il passaggio dalla presa di consapevolezza alla ripresa della propria vita. Questo vale anche nel caso di separazioni inattese da una relazione affettiva. Ad esempio, quando si riceve una forte delusione (come un tradimento) o l’altra persona si allontana interrompendo il dialogo.
Quando poi la perdita riguarda una parte importante di sé (es. ruolo sociale, lavorativo, ecc.), la persona potrebbe avere difficoltà a distaccarsi da quell’aspetto della propria esistenza, per ritrovare altri spazi su cui investire. La perdita di senso richiede una ricostruzione profonda del desiderio di esistere.
Talvolta è anche l’impossibilità di trovare una spiegazione razionale alla perdita, a determinare una condizione di lutto persistente.
Come interviene la psicoterapia
Un percorso di psicoterapia può aiutare a prendere contatto con le emozioni, toccare con mano la difficoltà affettiva e supportare la persona nell’accettazione e nel ridare un senso a ciò che accade. A ricostruire, un passo per volta, il filo della propria esistenza.
La psicoterapia della Gestalt è particolarmente indicata per prendere contatto con i vissuti emotivi e ritrovare il senso dell’esistere, perché questi sono presupposti fondamentali del suo modello di intervento.
Se stai cercando un professionista che ti aiuti a rielaborare un lutto, contattami. Formuleremo insieme un piano di counseling psicologico o di psicoterapia.
Foto da Pixabay – immagini libere da copyright
Autore della foto