Cos’è il workaholism, ovvero la dipendenza dal lavoro

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Il termine workaholism è piuttosto diffuso in rete, ma cos’è la dipendenza dal lavoro e con quali sintomi si presenta? Facciamo un po’ di chiarezza per chi ha il timore di essere un workaholic, o pensa di avere vicine persone affette da questo tipo di dipendenza.

Prima di tutto, è necessario sapere che quando si parla di workaholism si sta facendo riferimento ad una condizione assimilabile ad una patologia. Anche se non è ancora inclusa fra le dipendenze per cui esistono criteri di diagnosi accreditati e condivisi (cioè non è presente nel DSM V o nell’ICD 10, le “bibbie” della diagnosi dei disturbi mentali) è utile inquadrarla come una forma di dipendenza patologica.

Quando è corretto parlare di dipendenza patologica dal lavoro

La parola “workaholism” entra nella terminologia scientifica a partire dagli anni ’70. Quando usiamo il termine “dipendenza” le prime situazioni che vengono in mente sono quelle legate al consumo di sostanze (fumo, stupefacenti, alcol). Tuttavia, questo termine si può riferire anche a comportamenti o abitudini di tipo diverso.

In generale, quando parliamo di dipendenze ci riferiamo a situazioni in cui la persona mette al centro della propria vita il comportamento che suscita la dipendenza (es. consumo di sostanze, gioco d’azzardo, videogiochi, ecc.). Chi è dipendente esaurisce gli altri spazi di vita, si isola dalle relazioni interpersonali, concentra tutte le proprie risorse mentali intorno all’attività di cui è dipendente e soffre di astinenza quando non può agire quel comportamento.

Questo può accadere anche con il lavoro.

Dunque, da cosa possiamo capire la differenza tra uno stakanovista e una persona dipendente dal lavoro? Proviamo a vedere due storie e ad analizzarle per riconoscere indicatori del workaholism, con la premessa che questo articolo ha una finalità divulgativa e nessuna pretesa tecnico-scientifica.

Il workaholism attraverso due casi

Il caso di Antonio

Antonio è responsabile di un’area composta da tre uffici in un’azienda produttiva. Negli ultimi mesi ci sono stati diversi cambiamenti, alcuni colleghi si sono dimessi, devono essere fatte nuove assunzioni. Tutto questo mentre stanno partendo dei nuovi progetti. Preso dalla riorganizzazione del suo settore, Antonio sta dedicando molto più tempo al lavoro. È sempre stato un lavoratore motivato e coinvolto, abituato a svolgere qualche ora di straordinario la settimana. Nell’ultimo mese, però, passa in ufficio una media di undici ore, ha difficoltà a dormire, è sempre nervoso, non riesce a spegnere il cellulare di servizio. Quando si sveglia durante la notte inizia a guardare il telefono, si preoccupa di programmare attività e non prende più sonno. Ha smesso di praticare sport, va in ufficio anche al sabato e i pochi spazi dedicati alla famiglia vedono un’invasione dei pensieri legati al lavoro. Ha trascorso qualche giorno in vacanza, ma non è riuscito a goderselo: ha tenuto il telefono di lavoro sempre acceso e ha anche partecipato a qualche riunione.  Quando la moglie lo ha ripreso per questi motivi, si è arrabbiato moltissimo. Se non può lavorare, si sente in colpa e diventa aggressivo.

Il caso di Laura

Laura è diventata da sei mesi una lavoratrice autonoma. Gestisce la sua attività da sola, lavora da casa, occasionalmente visita clienti. È nella fase di avvio del suo progetto indipendente, ed è operativa su diversi fronti: capire come muoversi sul piano amministrativo, cercare collaboratori, procacciarsi clienti, far crescere il suo sito web. Lavora almeno dieci, talvolta anche dodici ore al giorno. Beve molti caffè. Il suo umore oscilla fra momenti di grande entusiasmo e qualche preoccupazione. Gli amici la vedono stanca, ma anche soddisfatta e ferma nella sua volontà di far crescere l’attività. Ha preso qualche giorno di vacanza insieme a due ex colleghe ed è riuscita a goderseli, pur inserendo nelle giornate un’ora o due di lavoro. Al rientro dalla pausa si è talmente immersa nelle attività, che dopo poco le amiche le hanno sentito dire che non ricordava nemmeno di essere stata in vacanza.

Chi dei due è a rischio di workaholism? Lungi dal poter fare diagnosi su così pochi elementi, possiamo ipotizzare che tra i due Antonio sia la persona con la situazione più problematica. Vive in un continuo stato di tensione, gli è impossibile disconnettersi dal lavoro, aggredisce chi cerca di staccarlo dal lavoro. Questi sembrano punti in linea con l’ipotesi di una dipendenza.

Se stai analizzando la situazione di qualcuno che ti è caro, o di te stesso/a, ti consiglio di concentrarti su elementi di questo tipo. In ogni caso, è indispensabile confrontarsi con i professionisti della salute mentale (psicologi, medici) per comprendere se ci sia dipendenza e a quale livello di criticità.

È colpa del lavoro che svolgo?

Benché determinati ambienti di lavoro, o condizioni del contesto, possano avere caratteristiche tali da accendere la miccia del workaholism, non si può attribuire la causa di una dipendenza solamente a cause esterne. Un ambiente competitivo, con richieste elevate in termini di quantità o qualità del lavoro, che prevede ritmi frenetici o un’elevata responsabilizzazione delle persone può incentivare la corsa verso un coinvolgimento esasperato nel lavoro. Anche il trovarsi in una condizione di crisi economica, con il timore di perdere il lavoro o di non riuscire a fatturare (per un imprenditore) possono costituire fattori di rischio. Tuttavia, il cadere nel workaholism, andando oltre i rischi psicosociali presenti nel contesto, dipende anche dalla capacità o meno della persona di:

  • riconoscere le proprie emozioni ed il proprio livello di stress,
  • utilizzare adeguate strategie per gestire lo stress,
  • definire obiettivi sfidanti, ma raggiungibili,
  • gestire in modo realistico le aspettative e le pretese da sé stessa,
  • saper chiedere aiuto.

Per questo è importante che l’analisi della situazione che vive la persona workaholic sia effettuata tenendo conto sia delle qualità della persona che degli elementi di contesto.

Se vuoi un affiancamento nella valutazione del tuo livello di coinvolgimento nel lavoro o se ti senti a disagio, contattami. Formuleremo insieme un piano per supportarti nel gestire questa situazione.

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