Imparare ad accettare le critiche per migliorarsi

Imparare ad accettare le critiche Donata Bruzzi psicologa

Ti è mai capitato di ricevere un commento da qualcuno, e di rifiutarlo perché non ti ci riconoscevi?

Sono molti i contesti nei quali ci misuriamo con un parere esterno: il feedback è uno dei più importanti strumenti di crescita, fondamentale per generare apprendimento.

Eppure, non sempre le persone sono ricettive nei confronti del feedback. Anzi, molte riscontrano difficoltà ad accogliere le critiche e i commenti negativi, o anche i complimenti.  Questo atteggiamento, però, fa perdere il potenziale di crescita che un riscontro esterno può trasferire. Infatti, rifiutare o sottovalutare le valutazioni che otteniamo significa chiudersi ad una verità possibile.

Ho già trattato il tema del feedback in un altro articolo. Qui mi occuperò più nello specifico di che cosa può consentire di trasformare un riscontro esterno in apprendimento.

Cinque motivi per rifiutare un feedback

Sono diversi i motivi per i quali possiamo avere difficoltà nell’accogliere i pareri critici. Le casistiche possono dipendere da diverse motivazioni:

  1. La persona che ha dato il riscontro

Se non vi è un rapporto di stima con la persona che ci ha dato il feedback, saremo più propensi a rifiutarlo. Questo si verifica principalmente nei contesti nei quali non possiamo scegliere il nostro punto di riferimento, come la scuola o il lavoro.

Tuttavia, qualsiasi parere – anche quello di chi non consideriamo degno di attenzione – può includere aspetti di potenziale interesse.

  1. Il modo in cui è stato dato il feedback

Se chi ci ha dato il feedback lo ha fatto in modo squalificante, o poco utile all’apprendimento, perché ha indicato solamente che cosa non va, senza aggiungere nessuna proposta su come migliorarci, è più probabile che venga la tentazione di rifiutare o ignorare il riscontro. A questo proposito, se sei una persona che si trova a dare riscontri agli altri ti consiglio di approfondire la comunicazione non violenta di Rosenberg.

  1. Il livello di consapevolezza rispetto alla specifica capacità

Capita che le persone partano da idee preconcette sulle loro capacità, per cui tendano a dare per scontato di essere particolarmente efficaci o viceversa inefficaci in un determinato ambito. Quando il feedback si scontra con questi pregiudizi (es. una critica su qualcosa in cui ci riteniamo particolarmente bravi), ecco che può risultare poco credibile.

  1. La capacità di mettere una distanza tra performance e globalità della persona

Uno dei più comuni meccanismi di rifiuto dei riscontri esterni si ingenera nel momento in cui il feedback viene colto non come un commento su una prestazione, ma come un giudizio perentorio e univoco sulla persona. Questo accade più facilmente quando l’oggetto della valutazione non è una capacità di tipo tecnico ma una competenza trasversale.

Ad esempio, se sul lavoro un responsabile fa notare che ci sono delle difficoltà nel gestire le relazioni con un interlocutore, ma noi prendiamo questo commento come un giudizio complessivo sulla nostra capacità di comunicare con gli altri.

  1. La fiducia nella possibilità di apprendere

Ho già accennato in un precedente articolo al tema del mindset, nella accezione di Carol Dweck. La psicologa Dweck intende il mindset come una credenza che le persone possono avere su loro stesse, circa la possibilità di trasformarsi attraverso l’apprendimento. È possibile distinguere due mindset: statico e dinamico. Chi è caratterizzato da un mindset statico ha la tendenza a ritenere che il proprio livello di abilità sia determinato da un livello di facoltà prestabilito, impossibile da modificare. In questo senso, le persone tendono a non mettersi in sfida ed entrare in un’ottica di apprendimento, perché ritengono che ciò che sanno fare andrà bene anche senza allenamento, e ciò che non sanno fare non si possa migliorare.

Chi, invece, parte da un mindset dinamico ha una piena fiducia nelle proprie potenzialità di apprendimento, per cui è più propenso a mettersi alla prova, accettare gli errori come parte del processo di crescita e, in fin dei conti, cresce di più.

Chi parte da un mindset statico ha particolari difficoltà ad ammettere i propri errori, perché tende a vederli come problemi irrimediabili, limitando di gran lunga il potenziale di apprendimento ottenibile da un feedback.

A cosa è utile il punto di vista altrui

Ciascuno di noi ha una consapevolezza parziale di sè. Lo hanno chiarito in modo efficace gli psicologi autori della finestra di Johari: uno schema che descrive come, nella relazione con sé stessi e con gli altri, esistano aree di consapevolezza e zone d’ombra alle quali non abbiamo accesso.

Il punto di vista dell’altro permette di acquisire una conoscenza di sé da prospettive che, da soli, non potremmo assumere. Per questo, anche se un feedback risulta sgradito, vale la pena prenderlo in considerazione perché ci offre una visuale alternativa su noi stessi.

Quando accettiamo la nostra esperienza di vita, anche se non ci piace, diventiamo alleati della realtà, dunque acquisiamo maggior potere. Se non lo facciamo, ci schieriamo contro la realtà e ci indeboliamo. Frase di Nathaniel Branden

L’atteggiamento migliore per accogliere la critica

La prima strategia per trasformare il feedback in apprendimento consiste nell’ammettere la plausibilità di quel riscontro. Dirsi “anche se non mi piace, provo a trarne spunto”.

Si tratta di accoglierlo, dunque, ricordando che:

  • è del parere di una persona che si è esposta esprimendo una propria opinione, che ci ha fornito un elemento sul quale possiamo impegnarci per crescere;
  • indipendentemente dal modo in cui è stato formulato, potrebbe contenere un messaggio utile;
  • è una valutazione che dipende da uno specifico tempo, azione e vissuto e pertanto non va generalizzata ma contestualizzata;
  • ciascuno di noi ha possibilità di apprendimento potenzialmente infinite, che non si esauriscono in ciò che è consolidato (mindset dinamico).

Se provi un’immediata reazione di rifiuto, un’emozione di rabbia, tensione o tristezza, cerca di lasciar fluire l’emozione e concentrati sul contenuto una volta che la turbolenza sarà passata.  Quando le emozioni prendono il sopravvento, non riusciamo a dare il giusto peso alle cose.

Se sai che le emozioni ti turbano, evita di rispondere di getto. Chiedi tempo per riflettere e riparlarne.

Come trasformare la critica in apprendimento

Un atteggiamento di apertura e disponibilità verso il feedback è indice di maturità e di sicurezza nelle proprie possibilità. Viceversa, la posizione di chi (aggressivamente o passivamente) si pone con una reazione di rifiuto, squalifica o sottovalutazione, risulta più fragile.

In genere, più ti mostri sicura/o e aperta/o al dialogo, più gli altri saranno propensi a riconoscerti valore. Se il feedback non ti convince, chiedi qualche esempio pratico (in quali occasioni vedi questa mia caratteristica?) o di entrare nello specifico (cosa di preciso non va bene in ciò che ho fatto?).

Quando non è chiaro il focus verso il quale ci vuole spingere il riscontro, puoi chiedere approfondimenti e delucidazioni sul come dovrebbe essere ciò che ci si aspetta da te. Fare la domanda “come posso migliorarmi?” o “cosa ti aspetti di diverso?”, o ancora “come sarebbe una buona prestazione?”

Ora prova tu

Quand’è stata l’ultima volta in cui hai ricevuto un feedback sgradito, o in cui non ti sei rivista/o?

Prova a farti queste domande:

  • Cosa non mi convince di questo feedback?
  • Cosa mi fa dire che non sia utile o veritiero?
  • C’è qualche contesto in cui ammettere che sia reale? Quale?
  • Se parto dal presupposto che sia vero, cosa posso cambiare nel mio modo di agire?

La capacità di accogliere le critiche si può potenziare con un percorso di coaching. Anzi, poiché il coaching vede fra gli strumenti fondanti proprio il feedback, può diventare un’ottima palestra di allenamento.

Contattami per formulare il percorso più utile alle tue esigenze.

Bibliografia

Dweck C. (2006) Mindset. Cambiare forma mentis per raggiungere il successo, Franco Angeli.

Luft, J., & Ingham, H. (1955) The Johari Window: A Graphic Model of Interpersonal Awareness. Proceedings of the Western Training Laboratory in Group Development. University of California, Los Angeles.

Rosenberg B. Marshall (2003) Le parole sono finestre (oppure muri). Introduzione alla comunicazione non violenta”, Ed. Esserci.

 

 

Foto da Pixabay – immagini libere da copyright

Autore della foto