Playback theatre

Teatro

Il playback theatre una forma di teatro sociale di improvvisazione che nasce per idea di Jonathan Fox (USA) nel 1975. Lo scopo di una performance di playback theatre è quello di offrire al pubblico una rappresentazione teatrale immediata delle proprie storie, creando coesione fra gli spettatori e tra spettatori e performers. La finalità del playback è sì artistica, ma prevalentemente sociale: tutto il lavoro sulla scena ha la finalità di restituire l’universalità delle storie e favorire lo sviluppo del senso di comunità e comunione fra i partecipanti.

Da dove nasce?

Fox viene influenzato da un lato dal teatro di improvvisazione e dall’altro dallo psicodramma di J. L. Moreno. Mette a punto questa particolare formula in un periodo, gli anni settanta, caratterizzati dal prendere spazio di tutte quelle forme di teatro che abbandonano la distanza fra attori e pubblico, per cercare un’interazione diretta.

Chi è in scena?

Un conduttore, alcuni performers (in genere da 3 a 5 persone) e uno o più musicisti. Per il tipo di lavoro teatrale previsto dal playback, tutte queste figure dovrebbero avere una preparazione attoriale, ma anche aver sviluppato una capacità ed una propensione all’ascolto che permetta di empatizzare con il pubblico e cogliere

Come si sviluppa la performance?

Un evento di playback theatre ha un proprio rituale, una cornice che identifica i diversi momenti dello spettacolo e ne segna inizio e fine.

In genere è il conduttore ad avviare il dialogo con il pubblico, offrendo stimoli e sollecitazioni finalizzate ad aprire il confronto. Lo spettacolo parte dalla messa in scena di sentimenti, emozioni, sensazioni, attraverso alcune forme artistiche che sono state messe a punto dall’ideatore del playback, per poi arrivare alla messa in scena di vere e proprie storie. Al pubblico è dunque richiesta una partecipazione attiva, e l’apertura nel mettere a disposizione frammenti della propria vita.

Di volta in volta si avvicenderanno persone (“narratori”) che, dal pubblico, verranno invitate sul palcoscenico per una intervista con il conduttore, il quale cercherà gli elementi essenziali per permettere ai performers di agire la storia. Alla fine della rappresentazione, il narratore avrà facoltà di esprimere un proprio feedback rispetto a come si è sentito durante la rappresentazione, quanto si è discostata dalla sua esperienza ed eventualmente potrà richiedere un aggiustamento della stessa. Le diverse rappresentazioni punteranno a rappresentare sia l’esperienza del narratore che aspetti comuni di tipo sociale (es. determinati ruoli), in modo da permettere anche agli altri spettatori di riconoscere aspetti collettivi e stimolare il senso di comunità.

Arrivati a conclusione, il conduttore generalmente offre una chiusura al pubblico attraverso i performer, andando a ricapitolare il percorso sviluppatosi durante lo spettacolo.

Chiudiamo con le parole di Jonathan Fox:

“I believe in immediate theatre. I believe in a theatre that could take place everywhere. I believe in theatre for anybody and everybody”

Se vuoi avere un esempio di come il playback theatre si possa integrare in un percorso di group o team coaching, leggi questo articolo. Per ulteriori informazioni o per un progetto personalizzato, contattami.

Fonti web

Playback Centre di Johnathan Fox

Bibliografia

“Storie di vita in scena. Il teatro di improvvisazione al servizio del singolo, del gruppo, della comunità” (2006) di L. Dotti. Editore: Ananke.