Le aggressioni sul lavoro: un fenomeno in crescita

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Le aggressioni a lavoratrici e lavoratori da parte di terzi sono fatti di cronaca piuttosto frequenti. Personale sanitario, insegnati, capitreno, controllori sugli autobus sono solo alcune delle categorie di persone che, lavorando a contatto con il pubblico, possono incorrere in questo rischio.

In passato questo fenomeno riguardava soprattutto i settori nei quali si maneggia denaro (banche, uffici postali o esercizi commerciali in genere). Invece, negli ultimi decenni, è diventato un problema emergente per tutte le categorie di lavoratori che operano nei servizi. I casi che sono più riconoscibili, per via della visibilità mediatica, sono quelli che riguardano il personale sanitario o gli insegnanti nelle scuole. Tuttavia non mancano esempi in altre categorie.

Cosa si intende per aggressioni da parte di terzi

Quando si parla di violenza da parte di terzi ci si riferisce ad aggressioni esercitate da parte di clienti, pazienti, assistiti, allievi, persone esterne all’organizzazione che, per vari motivi, si interfacciano direttamente con i lavoratori sul campo.

Sono aggressioni tutti gli atti che si traducono in minacce o atti di violenza fisica, ma anche ingiurie e aggressioni verbali, poiché anche una violenza limitata alle parole può produrre conseguenze di natura psicologica.

Perché l’utente aggredisce

I motivi che possono condurre i singoli ad aggredire il lavoratore, lungi dal volerli giustificare, possono essere vari. Fra questi vissuti del cliente quali:

  • sentirsi sminuito, non riconosciuto nei propri bisogni o nei valori che ritiene indispensabili, e conseguente emozione di rabbia;
  • paura di essere minacciato fisicamente (es. nel contesto sanitario) o di ricevere minacce di altra natura (es. una penale di tipo economico).
  • atteggiamenti strumentali volti a ottenere ciò che vuole attraverso l’intimidazione e l’induzione della paura nell’interlocutore.

Vi sono poi ulteriori casistiche, come quelle legate allo stato psicofisico del cliente, che potrebbe avere una condizione mentale alterata (es. dall’uso di sostanze o dal palesarsi di manifestazioni psicopatologiche, come comportamenti antisociali).

È importante sensibilizzare le aziende ad intervenire per creare condizioni lavorative in grado di prevenire o quanto meno limitare gli effetti dannosi di queste evenienze.

I dati del fenomeno

I dati INAIL del novembre 2018 nel documento “Aggrediti sul lavoro” stimano in 8 mila l’anno gli infortuni dovuti ad aggressioni, includendo in questo numero episodi legati a violenza subita da parte di colleghi, persone esterne all’azienda o animali (è il caso degli allevatori o di altri lavoratori a contatto con animali selvatici). Il dato è significativo, tanto più se si pensa che si riferisce principalmente alle aggressioni di natura fisica, quelle che comportano delle conseguenze dirette sulla salute della persona.

Il 57% di questi casi è dovuto ad aggressioni da parte di terzi: clienti, pazienti, allievi, persone assistite a vario titolo. Non si tratta quindi solo di situazioni legate a furti e rapine: stiamo parlando anche di percosse a varie tipologie di lavoratori a contatto con il pubblico, come infermieri, medici, insegnanti, autisti e altro personale del trasporto pubblico (come i capitreno e i controllori), vigili urbani, ecc..

Relativamente alle categorie più colpite, nel triennio 2013-2016 sono risultate essere:

  • lavoratori del settore socio-sanitario e assistenziale (23,7% dei casi);
  • agricoltori e lavoratori in ambito zootecnico, della caccia e della pesca (13,3%);
  • vigili e guardie private (11,4%);
  • conduttori di veicoli (taxi, treni, autobus, ecc.) o macchinari (6,5%);
  • insegnati e altro personale del mondo scuola (5,4%).

Fra le altre categorie (sotto il 5% dei casi): postini e addetti alle consegne, impiegati addetti al movimento di denaro, e altri (Bucciarelli, 2018).

Gli ultimi dati diffusi dall’INAIL nel 2022, relativi al solo settore sanitario, parlano di 12.000 infortuni nel quinquennio 2016 – 2020, con una media di 2.500 episodi l’anno.

Sembra tuttavia che questi dati siano sottostimati, dal momento che non tutte le aggressioni (specialmente quelle verbali) vengono denunciate e portate a conoscenza delle istituzioni. Il più delle volte la vittima preferisce non intraprendere azioni legali per non avere oneri o perché teme che le stesse possano provocare effetti controproducenti.

Cosa fare concretamente per contrastare questo fenomeno

L’azienda che ritiene sussista un rischio aggressione per i propri lavoratori dovrebbe avviare interventi finalizzati alla prevenzione di questo fenomeno. Infatti, il rischio di subire violenze costituisce a tutti gli effetti un fattore di rischio psicosociale ed è un elemento significativo nella valutazione del rischio stress lavoro-correlato

Se ritieni di aver subito un’aggressione sul lavoro e senti la necessità di supporto psicologico, contattami.

Se sei un’azienda e vuoi fare prevenzione per il rischio aggressioni, contattami.

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