Affrontare il colloquio di lavoro n. 1 – Tre pregi e tre difetti

tre pregi e tre difetti

“Mi dica tre suoi pregi e tre suoi difetti”: domanda tipica del colloquio di lavoro, diventata cliché intramontabile e – talvolta – oggetto di irritazione da parte dei candidati. Facile infatti obiettare “chi mai direbbe un vero difetto?”.

In questo articolo cercherò di svelare i motivi principali per cui i selezionatori utilizzano questa domanda, in modo da permettervi di affrontare al meglio le prossime occasioni in cui verrà posta.

Perchè questa domanda?

Il presupposto di base che dà significato alla domanda è che il candidato è il miglior pittore per dipingere un proprio ritratto.  Ciascuno di noi possiede una consapevolezza rispetto a se stesso (con gradi diversi di precisione), ed è quindi in grado di restituire un’immagine di sé. È il principio di base sul quale si fondano anche i questionari di personalità, che sono auto-descrittivi.

Cosa valuta il selezionatore con questa domanda?

Sono diversi gli aspetti che un selezionatore può osservare sulla base delle risposte degli intervistati:

  1. La qualità degli aspetti positivi e negativi: ovvero che aggettivi ci propone il candidato? Sono aggettivi coerenti con lo standard di profilo cui fa riferimento il datore di lavoro?
  2. La disponibilità del candidato a descriversi: il candidato che reagisce male a questa domanda (es. fa una smorfia o manifesta apertamente il proprio disappunto) dimostra scarsa disponibilità a mettersi in gioco, rigidità, apertura limitata verso l’altro. A voi piacerebbe lavorare con una persona così? Anche se vi sembra una domanda inutile o priva di significato, cercate di porvi con atteggiamento cordiale e interessato al confronto.
  3. La coerenza fra aspetti positivi e negativi. Difficile immaginare che un candidato possa definirsi preciso (aspetto positivo) e disordinato (aspetto negativo), a meno di argomentare adeguatamente i due aspetti (es. sono preciso sul lavoro, anche se gli ambienti in cui vivo sono piuttosto disordinati). In linea di massima, la coerenza e la linearità sono qualità apprezzate, poiché rendono più prevedibile il comportamento.
  4. La corrispondenza fra l’immagine che si è fatto del candidato e la descrizione che lo stesso propone di sé: le due immagini coincidono? Cosa stona? Ovviamente se non si trova corrispondenza fra le due descrizioni, il recruiter incalzerà con richieste di specifiche o chiarimenti (es. “mi ha detto di essere timido, può raccontarmi in quali contesti o situazioni si rivela la sua timidezza?”).
  5. L’adeguatezza degli aggettivi al contesto del colloquio. Sia la qualità del lessico (che non deve mai essere troppo colloquiale/informale, a meno che sia stato il selezionatore a scendere su questo piano), sia le qualità espresse (es. “sono un casinaro” sarebbe una descrizione inadatta sia per la scelta del termine, sia per la qualità, poco adeguata ad un contesto di lavoro).

Ovviamente non esistono risposte giuste o sbagliate a questa domanda. La strategia migliore che si possa adottare è quella di descriversi in maniera onesta e sincera, unico modo per risultare coerenti.

Per ottenere i migliori risultati nella ricerca del lavoro può esserti utile una consulenza mirata a comunicare in modo efficace le tue competenze durante i colloqui o nella preparazione del curriculum. Dai un’occhiata al mio servizio di consulenza di carriera e, se vuoi ulteriori informazioni, contattami ai recapiti che trovi qui

 

 

Fonte immagini: Pixabay – immagini libere da copyright