I quattro errori del fare un lavoro che non piace

fare lavoro che non piace

Può capitare di fare un lavoro che non piace. Prova ad analizzare la tua situazione attraverso quattro errori tipici che portano a non sentirsi al posto giusto.

Primo errore: aspettarsi che il lavoro sia un’esperienza di solo piacere

Partiamo dal presupposto che lavorare è stressante, e lo è a prescindere: per quanto ci piaccia il nostro lavoro, per quanto possiamo averlo scelto in linea con delle propensioni profonde, per quanto soddisfi i nostri bisogni… Un lavoro è un lavoro. Dal primo momento in cui ci pone obblighi di orari, scadenze da rispettare, obiettivi da raggiungere, l’attività professionale è motivo di attivazione, fatica, sforzo.

Il primo vero errore è aspettarsi che un’attività lavorativa possa costituire una fonte di benessere priva di elementi di impegno.  

Secondo errore: aspettarsi che il lavoro che ha scelto qualcun altro per noi, sia il lavoro giusto

A volte, senza nemmeno rendercene conto, ci ritroviamo a fare delle scelte che non sono guidate dai nostri desideri, ma da preconcetti che sono cresciuti dentro di noi e che ci impediscono di analizzare la situazione in modo neutrale. Spesso queste idee preconcette – che derivano da stereotipi diffusi a livello sociale o che ci ha impartito qualche persona importante della nostra vita – assumono il tono di veri e propri imperativi: “devi avere un lavoro sicuro”, “devi fare carriera”, “devi ottenere un contratto a tempo indeterminato”, “devi entrare in un’azienda e rimanerci per crescere”.

Seguire delle idee preconcette significa precludersi delle strade partendo dall’idea che siano sbagliate senza aver fatto nemmeno una prova, e di conseguenza non darsi l’occasione di toccare con mano delle alternative che potrebbero essere migliori.

Terzo errore: lamentarsi del proprio posto senza fare nulla per trovarne uno migliore

Vivere nella lamentela e nell’autocommiserazione è il modo migliore per guastarsi l’esistenza.

Se il posto che abbiamo non ci piace, ci sono due alternative possibili: la prima è valorizzare gli aspetti positivi della situazione, e utilizzarli come un mantra per rinnovare ogni giorno la scelta di rimanervi. La seconda è riprendersi in mano la situazione e fare una scelta diversa: cercare di cambiare il proprio contesto dall’interno o affrontare un cambio di lavoro.

In ogni caso l’elemento essenziale per vivere bene è assumersi la piena responsabilità delle proprie scelte, senza lamentarsi e far lasciare terreno a una frustrazione che, seppure ci sembra di scaricare sull’esterno, vive e cresce dentro di noi.

Quarto errore: confondere un sogno con una visione

Capita di rimanere in un posto che sappiamo non essere quello giusto, continuando a coltivare il desiderio di fare altro, e magari questo altro ha anche un nome e un cognome: è un’idea o un ideale a cui tendiamo.

Avere un sogno da realizzare è un’esperienza illuminante, che riempie di motivazione. Ma quanto siamo disposti a lottare per rendere il sogno una realtà? Questa è la differenza fra sogno e visione: un sogno è un’idea che vorremmo vedere uscire dal cassetto per prendere vita nel nostro quotidiano, ma per la quale non siamo propensi a spendere energie o risorse personali. Limitando il nostro contributo realizzativo, rendiamo veramente difficile la concretizzazione del sogno.

Una visione è un’idea che attiva la spinta propulsiva della progettualità, per la quale siamo pronti a caricarci di spese (fisiche e immateriali) e a farci portatori sani di impegno.

La visione ha tutte le caratteristiche del POSTO GIUSTO.

Se non provi soddisfazione per la tua collocazione lavorativa, potrebbe esserti utile una consulenza di carriera. Contattami per saperne di più.

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